martedì 20 maggio 2014

Dovevo fare la poetessa


Quando sono stanca, in piedi per ore, sotto la pioggia, fuori da un ministero o solo stufa e arcistufa di aspettare la dichiarazione del barone di turno, mi torna in mente una scenetta di qualche tempo fa.

Sono a una rimpatriata di compagni di scuola e un'amica che non vedo da anni mi dice: - Ci avrei scommesso, non potevi fare nessun altro lavoro! -
In quel momento passa una mia antica passione, eterna e non ricambiata come solo certi amori di infanzia sanno essere, e mi fa:
- Perché, che lavoro fai, la poetessa?

Ecco, mi ripeto: dovevo fare la poetessa.

2 commenti:

  1. Ahimé... la poesia è rimasta un'amore platonico per molti di questo mestiere. A me capitava di sbraitare nelle ore di attese. Il mio collega fotografo intercalava con le parolacce anche lui. Ci capitavano solo fatti concreti e piuttosto sgradevoli 90% del tempo. Mai ho potuto scrivere di avvenimenti veramente belli e felici sui giornali in cui ho lavorato. Bleeargh!
    Invece, da piccola volevo scrivere poesie oppure teatro (che per me è poesia pura) o entrambe le cose tipo B.Brecht, André Gide o - il mio preferito - Heiner Muller. Aff!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma è anche bello essere dove succedono le cose, mentre succedono e poterle raccontare (peccato che succedano quasi sempre in posti scomodi!)

      Elimina

DITEMI SE CI SIETE PASSATI ANCHE VOI!